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Oggi parliamo di…mosche coccodrilli e gufi.
Causa isolamento forzato, Paolo e Max trascorrono più tempo al computer e approfittano per portarsi avanti con il lavoro e con il podcast, come si suol dire… “mettono fieno in cascina” che significa mettere da parte dei beni pensando al futuro.
Ma partiamo subito con il tema dell’episodio, Paolo invita gli ascoltatori a mandare suggerimenti per le prossime puntate, come ha fatto un’ascoltatrice che è per ora una “mosca bianca”, diciamo noi, per intendere qualcosa di raro, isolato, quasi unico. Essere una mosca bianca è cioè andare controcorrente, è distinguersi dalla massa, e viene detto in senso positivo.
Ma c’è anche un’altra espressione presa dal regno animale per indicare chi si distingue, ma stavolta in senso negativo… è la “pecora nera”. Siamo abituati ad esempio a dire che un parente è la pecora nera della famiglia per indicare un soggetto fuori dalle righe, un po’ scapestrato, che magari non sta alle regole, che ha un suo codice di comportamento non condiviso dagli altri.
Un altro modo di dire è “piangere lacrime di coccodrillo”…Lo si usa nei confronti di una persona che finge di essere pentito per qualcosa che ha detto o fatto arrecando un dolore o un danno, che in realtà lo lascia del tutto indifferente o che addirittura lo compiace. Quindi un ipocrita.
L’espressione pare derivi da un’antica credenza del tutto smentita secondo la quale i coccodrilli piangerebbero dopo aver ucciso una preda forse per dispiacere? Tutt’altro! In realtà versano lacrime per motivi fisiologici, per lubrificare gli occhi ed essere pronti nuovamente per la caccia.
Paolo approfitta per ricordare che in gergo giornalistico, si chiama coccodrillo l’articolo commemorativo che si prepara per personaggi famosi prima che passino a miglior vita così da avere il pezzo già pronto nel momento del trapasso.
Tra i tanti modi di dire presi dal regno animale c’è il “lavorare come un asino” “lavorare come un mulo” o “lavorare come una bestia”.
Il primo insinua l’idea del lavorare con poca intelligenza (nel libro di Collodi, Pinocchio smette di andare a scuola e si trasforma in un asino) e ha una connotazione negativa, il secondo ha un’accezione più positiva nel senso di essere un gran lavoratore, perché il mulo è un animale che da sempre aiuta il contadino nel lavoro; il terzo sottolinea la notevole quantità dell’impegno e della fatica ed è sostanzialmente positivo.
Terminiamo con un’espressione tipica di noi italiani che siamo scaramantici e anche un po’ superstiziosi: si invita qualcuno a “non gufare”, cioè a non portare sfortuna; l’espressione deriva appunto dalla parola gufo che è un animale notturno e che nell’immaginario collettivo è legato alle tenebre, alle sciagure…
Per esempio se Paolo fa dei complimenti o auguri a Cubo prima di un esame o una partita, certamente avrà per tutta risposta: “Non gufare!” visto che qui da noi fare gli auguri in vista di una prova, porta male!
Avremmo ancora moltissimi modi di dire con gli animali…magari faremo un terzo episodio flash…che ne dite?
Proponete i vostri modi di dire e vedremo se “quagliano” con i nostri!
Aspettiamo i vostri commenti su tutte le nostre piattaforme, su iTunes, Spotify, o il vostro podcast player preferito, per continuare a crescere!
Un grande saluto a tutti!
By Sara
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